lunedì 12 marzo 2012

Nasce a Trieste il Museo della Bora: sarà una miniera di cimeli, curiosità, scienza e didattica meteo

Dalle vecchie corde per legarsi in strada alla macchina sparavento, ospita cimeli di ogni genere il Museo della Bora di Trieste. A metterlo su un gruppo di amici volonterosi, che ha creato nel 1999 una Associazione con l’obiettivo di trasformare quello che ad oggi e’ ancora un museo in fieri, confinato in un magazzino di 60 metri quadrati per ora visitabile solo su appuntamento, in un vero e proprio museo Museo della Bora e del Vento, che molto sarebbe piaciuto a poeti e letterati. Lo racconta oggi l’Adnkronos. In tanti, infatti, hanno scritto della bora nei loro versi e nei loro libri: tra questi, Stendhal, Peter Handke e Giani Stuparich.

…Bisogna vederla nascere. Qualche anno fa, di febbraio, ebbi l’occasione d’assistere alla sua venuta. L’aria era annebbiata e sonnolenta…“, cosi’ descriveva la bora Stuparich, “…ma poi quando vidi la nebbia sopra la citta’ addensarsi, rotolare e sparire, quando vidi il mare pulirsi – proseguiva la descrizione nel suo ultimo libro, ‘Il ritorno del padre’ – e sentii fremere intorno a me l’aria, giungendomi alla pelle un piacevole frizzio e alle nari un fresco e leggero odore di sassi e di pini, allora capii che cos’era. Nasceva la bora. Si profilava sul ciglio dei colli e poi d’un balzo era giu’, sulla citta’ e sul mare. Le case acquistavano corpo, si tergevano, s’avvicinavano; i moli liberavano le loro sagome forti e squadrate dal velo tenero della nebbia; nei bacini l’acqua del mare prendeva colore e moto. Una freschezza, un ringiovanimento da per tutto…” A capitanare l’impresa del Museo, il presidente dell’associazione Rino Lombardo, una vera fucina di idee su quello che dovrebbe diventare la struttura oggi ospitata in via Belpoggio n. 9, dietro le Rive, vicino all’Universita’ ”vecchia”. L’ambizione e’ innanzitutto quella di allargarsi e di riuscire ad aprire i battenti non solo per appuntamento, come accade ora, telefonando allo 040.307478 o inviando una mail all’indirizzo museobora@iol.it.

D’altra parte, la bora a Trieste fa sempre notizia, e allora perche’, si sono chiesti Lombardo e i suoi amici, non farne anche una attrazione turistica? Gia’ Trieste e’ di per se stessa un museo della bora, con le sue strade bordate di pali e catene a cui afferrarsi nei momenti in cui il vento ti aggancia e tenta di gettarti a terra. Anche due strade della citta’, via Molino a Vento e via del Vento, evocano quel che accade quando da Est Nord Est arrivano i refoli virulenti. Quando il vento e’ forte, dall’alto cade di tutto, nelle strade si rincorrono carte, foglie e quanto altro, il mare e il cielo assumono un colore particolare e le persone che camminano contro vento vengono spinte indietro sui loro passi, mentre se procedono nella direzione del vento vanno quasi di corsa. L’idea di Lombardo e soci parte da un presupposto evidente: il vento non si vede, quello che invece si vede sono appunto i suoi effetti. Il Magazzino vuole suggerire con mezzi limitati ma non per questo inefficaci cosa si potra’ vedere nel futuro Museo. Nello spazio, inaugurato il 31 gennaio 2004, e’ accatastato di tutto. La visita e’ organizzata cosi’ in 20 tappe, durante le quali si fa conoscenza con la bora anche attraverso quello che Lombardo definisce ”archivio multimediale eolico”. Si parte del Barattolo della bora, nato come souvenir che sta riscuotendo molto successo, e si prosegue attraverso cartoline, libri, fotografie, filmati, dvd, dischi, collezioni di venti di tutto il mondo in scatola.

 Non mancano le vecchie corde a cui aggrapparsi, che erano collocate lungo le strade piu’ battute dal vento, e la macchina sparavento, un oggetto di plastica che spara l’aria per vedere l’effetto che fa. Ma ecco un filmato di Gianni Alberto Vitrotti, che fu premiato nella sezione documentari alla Biennale di Venezia del 1953. E poi lo spazio in cui si puo’ scoprire come si misura la velocita’ del vento, quali sono i venti del Mediterraneo e naturalmente da dove arriva e cosa combina la bora, svelandone caratteristiche e curiosita’. Una attenzione particolare e’ dedicata a come si possa giocare con il vento durante laboratori dedicati ai bambini e non solo. I piccoli possono realizzare girandole e altro, per preparare al meglio ‘Girandolart’, la festa del vento e della fantasia lanciata anni fa dall’associazione. Accadde la prima volta nel settembre del 2000, quando l’Associazione Museo della Bora e del Vento insieme all’Assessorato alla cultura del Comune di Trieste organizzo’ la grande festa delle girandole, creando un incontro tra l’Associazione, il vento e la citta’ Ma ecco come scriveva della bora un esperto studioso ormai scomparso, Silvio Polli. ”La bora di Trieste e’ un vento continentale secco e freddo che scende, con violenza, dall’Altopiano carsico al mare soprattutto nella stagione invernale. Essa e’ dovuta essenzialmente alla configurazione geografica molto particolare della citta’. Trieste e’ infatti situata fra l’estremita’ di un mare relativamente caldo, che si inoltra nel continente, e un elevato e freddo retroterra con un valico aperto sul golfo della citta‘”.

Se la differenza di pressione – proseguiva l”esperto’ – viene esaltata dal transito di una depressione (ciclone) sulI’Adriatico, o dalla formazione di una zona di alta pressione (anticiclone) sull’Europa centro-orientale, oppure dalla contemporanea presenza di una depressione sul mare e di un’alta pressione sul continente, allora il flusso d’aria discendente assume velocita’ elevate e caratteri di impetuosita‘”. I forestieri, rimangono sempre incuriositi dalla distinzione tra bora scura e bora chiara. Ecco come la spiega Polli: “La bora, quale flusso di aria fredda, ha uno spessore di poche centinaia di metri, da 400 a 800 m. Sopra di essa il cielo puo’ essere sereno e allora si ha la bora chiara, se invece e’ sovrastata da formazioni nuvolose sciroccali si ha la bora con cielo coperto, cioe’ bora scura“. La bora e’ un vento catabatico, che significa che scende dall’alto verso il basso. Il deflusso, cosi’ Polli ricostruisce il tragitto della bora, avviene dalla Vallata della Sava di Lubiana e di Zagabria attraverso i valichi situati fra le Alpi Giulie Orientali e i monti Kapela e Velebit della Croazia.

 La corrente aerea, nella sua discesa verso il mare, viene divisa, dal gruppo del Monte Nevoso, in due flussi, e quello che scorre tra la Selva di Tarnova e il Monte Nevoso attraverso il valico di Postumia, dilaga sull’altopiano carsico e precipita sul golfo di Trieste con una velocita’ che va rapidamente aumentando nella discesa. Tutta la citta’ e’ un palcoscenico per lo spettacolo della bora, eppure vi sono dei punti in cui, da prima attrice, vuole strafare. E questi punti sono ben documentati nel Magazzino. Il futuro Museo ha ambizioni di diventare uno spazio interdisciplinare, tra scienza, arte, cultura e societa’. La bora dovrebbe favorire la circolazione e lo scambio delle idee, dando per prima un ottimo esempio di come si possono superare i confini. Scopo del Museo, proporre iniziative artistiche e culturali ispirate direttamente o indirettamente alla bora e/o al vento. Organizzare (anche in collaborazione con altri enti o associazioni) eventi, quali tavole rotonde, mostre scientifiche, inchieste, viaggi ed escursioni, etc.

Di Peppe Caridi

Link articolo: www.meteoweb.eu