Dalle vecchie corde per legarsi in strada alla macchina sparavento,
ospita cimeli di ogni genere il Museo della Bora di Trieste. A metterlo
su un gruppo di amici volonterosi, che ha creato nel 1999 una
Associazione con l’obiettivo di trasformare quello che ad oggi e’ ancora
un museo in fieri, confinato in un magazzino di 60 metri quadrati per
ora visitabile solo su appuntamento, in un vero e proprio museo Museo
della Bora e del Vento, che molto sarebbe piaciuto a poeti e letterati.
Lo racconta oggi l’Adnkronos. In tanti, infatti, hanno scritto della
bora nei loro versi e nei loro libri: tra questi, Stendhal, Peter Handke e Giani Stuparich.
“…Bisogna
vederla nascere. Qualche anno fa, di febbraio, ebbi l’occasione
d’assistere alla sua venuta. L’aria era annebbiata e sonnolenta…“, cosi’ descriveva la bora Stuparich, “…ma
poi quando vidi la nebbia sopra la citta’ addensarsi, rotolare e
sparire, quando vidi il mare pulirsi – proseguiva la descrizione nel suo
ultimo libro, ‘Il ritorno del padre’ – e sentii fremere intorno a me
l’aria, giungendomi alla pelle un piacevole frizzio e alle nari un
fresco e leggero odore di sassi e di pini, allora capii che cos’era.
Nasceva la bora. Si profilava sul ciglio dei colli e poi d’un balzo era
giu’, sulla citta’ e sul mare. Le case acquistavano corpo, si tergevano,
s’avvicinavano; i moli liberavano le loro sagome forti e squadrate dal
velo tenero della nebbia; nei bacini l’acqua del mare prendeva colore e
moto. Una freschezza, un ringiovanimento da per tutto…” A
capitanare l’impresa del Museo, il presidente dell’associazione Rino
Lombardo, una vera fucina di idee su quello che dovrebbe diventare la
struttura oggi ospitata in via Belpoggio n. 9, dietro le Rive, vicino
all’Universita’ ”vecchia”. L’ambizione e’ innanzitutto quella di
allargarsi e di riuscire ad aprire i battenti non solo per appuntamento,
come accade ora, telefonando allo 040.307478 o inviando una mail
all’indirizzo museobora@iol.it.
D’altra parte, la bora a Trieste fa sempre notizia, e allora perche’, si
sono chiesti Lombardo e i suoi amici, non farne anche una attrazione
turistica? Gia’ Trieste e’ di per se stessa un museo della bora, con le
sue strade bordate di pali e catene a cui afferrarsi nei momenti in cui
il vento ti aggancia e tenta di gettarti a terra. Anche due strade della
citta’, via Molino a Vento e via del Vento, evocano quel che accade
quando da Est Nord Est arrivano i refoli virulenti. Quando il vento e’
forte, dall’alto cade di tutto, nelle strade si rincorrono carte, foglie
e quanto altro, il mare e il cielo assumono un colore particolare e le
persone che camminano contro vento vengono spinte indietro sui loro
passi, mentre se procedono nella direzione del vento vanno quasi di
corsa. L’idea di Lombardo e soci parte da un presupposto evidente: il
vento non si vede, quello che invece si vede sono appunto i suoi
effetti. Il Magazzino vuole suggerire con mezzi limitati ma non per
questo inefficaci cosa si potra’ vedere nel futuro Museo. Nello spazio,
inaugurato il 31 gennaio 2004, e’ accatastato di tutto. La visita e’
organizzata cosi’ in 20 tappe, durante le quali si fa conoscenza con la
bora anche attraverso quello che Lombardo definisce ”archivio
multimediale eolico”. Si parte del Barattolo della bora, nato come
souvenir che sta riscuotendo molto successo, e si prosegue attraverso
cartoline, libri, fotografie, filmati, dvd, dischi, collezioni di venti
di tutto il mondo in scatola.
Non mancano le vecchie corde a cui aggrapparsi, che erano collocate
lungo le strade piu’ battute dal vento, e la macchina sparavento, un
oggetto di plastica che spara l’aria per vedere l’effetto che fa. Ma
ecco un filmato di Gianni Alberto Vitrotti, che fu
premiato nella sezione documentari alla Biennale di Venezia del 1953. E
poi lo spazio in cui si puo’ scoprire come si misura la velocita’ del
vento, quali sono i venti del Mediterraneo e naturalmente da dove arriva
e cosa combina la bora, svelandone caratteristiche e curiosita’. Una
attenzione particolare e’ dedicata a come si possa giocare con il vento
durante laboratori dedicati ai bambini e non solo. I piccoli possono
realizzare girandole e altro, per preparare al meglio ‘Girandolart’, la
festa del vento e della fantasia lanciata anni fa dall’associazione.
Accadde la prima volta nel settembre del 2000, quando l’Associazione
Museo della Bora e del Vento insieme all’Assessorato alla cultura del
Comune di Trieste organizzo’ la grande festa delle girandole, creando un
incontro tra l’Associazione, il vento e la citta’ Ma ecco come scriveva
della bora un esperto studioso ormai scomparso, Silvio Polli. ”La
bora di Trieste e’ un vento continentale secco e freddo che scende, con
violenza, dall’Altopiano carsico al mare soprattutto nella stagione
invernale. Essa e’ dovuta essenzialmente alla configurazione geografica
molto particolare della citta’. Trieste e’ infatti situata fra
l’estremita’ di un mare relativamente caldo, che si inoltra nel
continente, e un elevato e freddo retroterra con un valico aperto sul
golfo della citta‘”.
“Se la differenza di pressione – proseguiva l”esperto’ – viene
esaltata dal transito di una depressione (ciclone) sulI’Adriatico, o
dalla formazione di una zona di alta pressione (anticiclone) sull’Europa
centro-orientale, oppure dalla contemporanea presenza di una
depressione sul mare e di un’alta pressione sul continente, allora il
flusso d’aria discendente assume velocita’ elevate e caratteri di
impetuosita‘”. I forestieri, rimangono sempre incuriositi dalla distinzione tra bora scura e bora chiara. Ecco come la spiega Polli: “La
bora, quale flusso di aria fredda, ha uno spessore di poche centinaia
di metri, da 400 a 800 m. Sopra di essa il cielo puo’ essere sereno e
allora si ha la bora chiara, se invece e’ sovrastata da formazioni
nuvolose sciroccali si ha la bora con cielo coperto, cioe’ bora scura“.
La bora e’ un vento catabatico, che significa che scende dall’alto
verso il basso. Il deflusso, cosi’ Polli ricostruisce il tragitto della
bora, avviene dalla Vallata della Sava di Lubiana e di Zagabria
attraverso i valichi situati fra le Alpi Giulie Orientali e i monti
Kapela e Velebit della Croazia.
La corrente aerea, nella sua discesa verso il mare, viene divisa, dal
gruppo del Monte Nevoso, in due flussi, e quello che scorre tra la Selva
di Tarnova e il Monte Nevoso attraverso il valico di Postumia, dilaga
sull’altopiano carsico e precipita sul golfo di Trieste con una
velocita’ che va rapidamente aumentando nella discesa. Tutta la citta’
e’ un palcoscenico per lo spettacolo della bora, eppure vi sono dei
punti in cui, da prima attrice, vuole strafare. E questi punti sono ben
documentati nel Magazzino. Il futuro Museo ha ambizioni di diventare uno
spazio interdisciplinare, tra scienza, arte, cultura e societa’. La
bora dovrebbe favorire la circolazione e lo scambio delle idee, dando
per prima un ottimo esempio di come si possono superare i confini. Scopo
del Museo, proporre iniziative artistiche e culturali ispirate
direttamente o indirettamente alla bora e/o al vento. Organizzare (anche
in collaborazione con altri enti o associazioni) eventi, quali tavole
rotonde, mostre scientifiche, inchieste, viaggi ed escursioni, etc.
Di Peppe Caridi
Link articolo: www.meteoweb.eu