mercoledì 29 febbraio 2012

Scossa di terremoto a 46km da Torino. Ore 06.44 del 29/02/2012. Magnitudo 3.3.

www.emsc-csem.org
E' da poco avvenuta, alle ore 06.44 di oggi 29/02/2012, una scossa di terremoto di magnitudo 3.3 Richter nel distretto sismico Northern Italy, vicino a Torino.

Il sisma si è verificato alle seguenti coordinate 44.95° N - 7.12° E, ad una profondità di 12 km.

Link evento: www.emsc-csem.org

Articolo collegato: Il Blog di Canc - Terremoto fra Francia e Italia del 27/02/2012.

martedì 28 febbraio 2012

Un grande asteroide potrebbe minacciare la Terra nel 2040. Partito il monitoraggio degli scienziati.

Credit: ESA - P.Carril
Gli scienziati stanno tenendo d’occhio un grosso asteroide che potrebbe costituire una seria minaccia di impatto sulla Terra tra pochi decenni. L’oggetto spaziale, che prende il nome di 2011 AG5, misura circa 140 metri di larghezza. Esso potrebbe passare molto vicino alla Terra e addirittura colpirla nel 2040, tanto che gli scienziati stanno cominciando a vagliare ipotesi per deviarne la traiettoria. Una squadra delle Nazioni Unite ha osservato ripetutamente l’asteroide che si avvicina alla Terra e ha calcolato le possibilità, seppur ridotte, che il corpo possa sbattere tra 28 anni sul nostro pianeta. 

L’oggetto è stato scoperto nel Gennaio del 2011 dall’osservatorio di Mount Lemmon Survey di Tucson, in Arizona. Anche se le dimensioni sono chiare, la sua massa non è al momento altrettanto nota.  “2011 AG5 è l’oggetto che attualmente ha le possibilità più elevate di colpire la Terra. Tuttavia, abbiamo osservato solo la metà della sua orbita, per cui questi calcoli vanno certamente perfezionati”, dice Detlef Koschny dell’Agenzia Spaziale Europea. Secondo Donald Yeomans, responsabile del programma Near-Earth Object presso il Jet Propulsion Laboratory a Pasadena, le probabilità di impatto, è bene dirlo, sono soltanto di 1 su 625, per il 5 Febbraio del 2040. Questa probabilità però potrebbe variare con il tempo e con successive osservazioni. “Fortunatamente, questo oggetto sarà osservabile dalla terra tra il 2013 ed 2016″, ha detto Yeomans.

Credit: Tony Dunn
 Il pericolo maggiore sta nel fatto che l’oggetto durante la sua orbita, potrebbe incontrare altri corpi capaci di dirottare anche lievemente la sua traiettoria, e spedirlo direttamente su di noi;  quindi nonostante la probabilità sia abbastanza remota, è bene tenere alta la guardia. Un primo approccio si dovrebbe avere nel 2023, quando l’asteroide sarà a soli 0,02 unità astronomiche (2,99 milioni di Km) dalla Terra. Un’unità astronomica infatti corrisponde alla distanza media tra la Terra ed il Sole, pari a circa 149.6 milioni di Km. Secondo una stima del JPL, la porzione di spazio attraverso la quale l’asteroide dovrebbe passare nel 2023 in modo che esista una reale possibilità di impatto con la Terra è di circa 100 Km di larghezza. 

Le probabilità di impatto potrebbero essere superiori anche ad Aphopis, l’asteroide che passerà ad una distanza ravvicinatissima con la Terra nel 2029 prima, e nel 2036 successivamente. Saranno quindi molto importanti le osservazioni tra il 2013 ed il 2016 per valutare le reali possibilità d’impatto. In risposta ad alcune lettere pervenute, la NASA, nella persona dell’amministratore Charles Bolden, ha detto che c’è ancora tanto tempo per passare ad una fase operativa. Questo non vuol dire che il caso non venga preso con la dovuta serietà, ma che è anche inutile affrontare mille problemi prima ancora di avere stime ufficiali in relazione al suo passaggio. Bolden fa riferimento al fatto che in futuro ci saranno tante osservazioni che permetteranno di capire se servono progetti immediati. Non resta quindi che attendere e sperare che l’asteoide voglia tenersi lontano dalla Terra.

Di Renato Sansone

Link articolo: www.meteoweb.eu

“Marziani” nel deserto di Atacama

http://oggiscienza.wordpress.com
Due metri sotto il deserto. Non si tratta di una nuova parodia di un famoso film per teenager, ma dell’insolito habitat in cui vivono delle forme di vita molto primitive, che appartengono al regno degli archeobatteri. I ricercatori del Centro di Astrobiologia di Madrid e della Catholic University of the North in Cile hanno recentemente scoperto un’oasi popolata da un gran numero di questi microrganismi nel luogo più arido della Terra, il deserto di Atacama, in Cile. Gli archeobatteri  sono simili ad altri che vivono in zone diverse del pianeta, ma hanno la peculiarità di sopravvivere in assenza di luce e di ossigeno.

La scoperta, pubblicata su Astrobiology, è avvenuta grazie all’utilizzo di uno speciale strumento, battezzato SOLID, progettato per la ricerca della vita su altri pianeti. SOLID (Signs Of Life Detector) è costituito da un biochip che contiene ben 450 anticorpi in grado di riconoscere molecole biologiche complesse, come zuccheri, DNA e proteine, che sono i costituenti essenziali di ogni organismo vivente.

L’inospitale ambiente del deserto di Atacama, in cui SOLID ha permesso di identificare l’oasi di archeobatteri, è stato investigato perché si tratta di uno dei luoghi terrestri che appaiono più simili rispetto a quelli che si osservano sul suolo marziano.  La sonda Phoenix della Nasa ha persino fotografato sulla superficie del polo nord di Marte depositi salini del tutto paragonabili a quelli originati dall’attività metabolica degli archeobatteri. L’habitat in cui sono stati rinvenuti i microrganismi è infatti caratterizzato da estese incrostazioni saline, che garantiscono la presenza costante di acqua di condensa, senza la quale non potrebbero sopravvivere nell’ambiente eternamente buio e freddo in cui prosperano.

Il test di Atacama, per SOLID, è stato superato a pieni voti. Il prossimo passo avverrà direttamente sul Pianeta Rosso. La speranza di trovare vita su Marte è affidata al biochip e ai suoi 450 anticorpi.

Di Fabio Perelli

lunedì 27 febbraio 2012

Sono 760 i pianeti extrasolari scoperti dal 1995, ma si cerca il gemello della Terra.

www.meteoweb.eu
Per la maggior parte della storia, gli unici pianeti noti erano quelli visibili ad occhio nudo. Con l’invenzione del telescopio il numero dei pianeti del nostro sistema solare è salito a nove, per poi scendere a otto in virtù della “retrocessione” di Plutone a pianeta nano. Nel 1992 si ipotizzava la presenza di pianeti intorno ad una pulsar, mentre al 1995 risale la prima reale scoperta di un pianeta extrasolare orbitante attorno ad una stella della sequenza principale, denominato 51 Pegasi B

Successivamente si è verificato un vero e proprio boom di scoperte di questi oggetti, sino ad arrivare ai 760 attuali. La maggior parte sono pianeti giganti, i cosiddetti “pianeti gioviani caldi“, in quanto la loro dimensione li rende più facili da rilevare, ma gli astronomi credono in realtà che siano in inferiorità numerica rispetto a quelli di tipo roccioso come la Terra. Il reale obiettivo di queste scoperte infatti, oltre alla rilevanza scientifica, è quello di trovare pianeti rocciosi nella cosiddetta zona abitabile della stella, la porzione di spazio dove l’acqua può essere presente allo stato liquido e la temperatura ambientale ideale allo sviluppo della vita. 

Nel mese di Febbraio, gli astronomi hanno candidato il pianeta GJ 667Cc, di circa 4,5 volte la massa della Terra, come il mondo ideale ad ospitare la vita. Il Santo Graal della ricerca di pianeti extrasolari orbita alla giusta distanza dalla sua stella, ed è quindi nella famosa zona abitabile della stella. Lo strumento principale di ricerca è il telescopio spaziale Keplero della NASA, dal nome dell’astronomo tedesco Giovanni Keplero (nome originale Johannes Kepler). Il telescopio controlla la luminosità di oltre 145.000 stelle, e la sua tecnica è quella del transito del pianeta sulla sua stella. Attualmente ha identificato più di 2300 candidati pianeti extrasolari, la stragrande maggioranza dei quali probabilmente tali. Il telescopio continuerà le sue ricerche ininterrottamente, cercando il tanto atteso gemello della Terra.

Di Renato Sansone

Link articolo: www.meteoweb.eu

Forte scossa di terremoto al confine tra Francia e Italia. Ore 23.37 27/02/2012 - Magnitudo 4.8

www.emsc-csem.org
Forte scossa di terremoto questa notte, alle 23.37, al confine tra Francia e Italia. La magnitudo dell'evento è 4.8 Richter.

Il sisma si è verificato alle seguenti coordinate 44.54°N - 6.66°E, ad un profondità di soli 2km. Quasi in superficie!

Link evento: www.emsc-csem.org

Link correlati: Studio Aperto - Italia1

domenica 26 febbraio 2012

Altre scosse di assestamento a Kyzyl, Russia.

La terra non finisce di tremare a Kyzyl, in Russia. Dalle 12.50 ora italiana alle 14.44 altre 6 scosse con una magnitudo che varia da 4.4 a 5.3° Richter. Tutte ad una profondità di 10 km.

Di seguito l'elenco degli eventi in questione:

- ore 12.50 - magnitudo 4,5 - link
- ore 12.59 - magnitudo 5,3 - link
- ore 13.50 - magnitudo 4,7 - link
- ore 14.06 - magnitudo 4.9 - link
- ore 14.17 - magnitudo 4.5 - link
- ore 14.44 - magnitudo 4,4 - link

Fonte: www.emsc-csem.org

Espulsione di massa coronale in arrivo nei prossimi minuti sulla Terra. Tra due giorni colpirà anche Marte.

www.meteoweb.eu
Una espulsione di massa coronale (CME) lanciata dal Sole lo scorso 24 Febbraio, sembra destinata dunque a colpire sia la Terra che Marte. Secondo gli analisti del laboratorio di meteorologia spaziale a Goddard, la nube dovrebbe raggiungere la Terra oggi, 26 febbraio, in questi minuti, e il pianeta rosso tra due gorni. Questo tipo di previsioni hanno però delle ore di incertezza, per cui il nostro campo magnetico potrebbe essere colpito anche tra 5-7 ore. L’impatto della nube solare potrebbe innescare una tempesta geomagnetica di classe G2, mettendo in allerta le alte latitudini per spettacolari aurore boreali e forse creando disturbi alle apparecchiature elettroniche. 

Se la previsione fosse corretta, l’espulsione di massa coronale potrebbe colpire anche il rover Mars Curiosity della NASA il 27 Febbraio. Il rover, in rotta verso il pianeta rosso a bordo della sonda Mars Science Lab, è dotato di un sensore di radiazione in grado di rilevare particelle energetiche accelerate dalla passaggio della CME. Un evento però non inedito. E’ inutile ripeterci, in quanto grazie al massimo solare negli ultimi tempi abbiamo assistito a molti eventi di questo genere. Ma ci teniamo a dire che non è in arrivo nulla di catastrofico, almeno per la popolazione. A richiare in questi casi sono i satelliti in orbita, i sistemi di navigazione e le apparecchiature elettriche.

Di Renato Sansone

Link articolo: www.meteoweb.eu

Earthquake - Magnitude 4.0 - POLAND - 2012 February 26, 11:52 UTC

www.emsc-csem.org
Earthquake - Magnitude 4.0 - POLAND - 2012 February 26, 11:52 UTC

I dati dell'evento: ora 12.52 (ora italiana) del 26/02/2012
                           coordinate 51.53°N - 16.13°E
                           magnitudo 4.0° Richter
                           profondità 1 km.

Attenzione alla profondità è quasi in superficie.

Terza scossa di assestamento del terremoto in Russia. 5.2 Richter ora 12.07 in Italia.

www.emsc-csem.org

Un'altra scossa di assestamento, la terza in ordine temporale, è stata avvertita alle 12.07 ora italiana sempre nella zona di Kyzyl in Russia.

L'evento, di magnitudo 5.2 Richter, è stato localizzato alle seguenti coordinate 51.73°N - 96.18°E ad una profondita di 10 km.

Link evento: www.emsc-csem.org

Articoli precedenti: Il Blog di Canc - La prima scossa
                              Il Blog di Canc - La prima scossa di assestamento
                              Il Blog di Canc - La seconda scossa di assestamento

Continuano le scosse di assestamento del terremoto di Kyzyl in Russia

www.emsc-csem.org

Un altra scossa di assestamento, la seconda in ordine temporale, è stata avvertita alle 08.49 ora italiana sempre nella zona di Kyzyl in Russia.

L'evento, di magnitudo 4.4 Richter, è stato localizzato alle seguenti coordinate 51.72°N - 96.09°E ad una profondita di 10 km.

Link evento: www.emsc-csem.org

Articoli precedenti: Il Blog di Canc - La prima scossa
                              Il Blog di Canc - La prima scossa di assestamento

Terremoto in Cile, a Tarapaca. Magnitudo 5.1.

www.emsc-csem.org
Altra scossa di terremoto. Questa volta in Cile, a Tarapaca, alle ore 09.08 (ora italiana) di oggi domenica 26/02/2012.

L'evento, di magnitudo 5.1 Richter, si è verificato alle seguenti coordinate 18.87°S - 69.40°W ad una profondità di 107 km.

Link evento: www.emsc-csem.org

Articolo precedente: Il Blog di Canc

Scossa di assestamento in Russia. Ore 7.52 (ora italiana) del 26/02/2012.

www.emsc-csem.org
Una scossa di assestamento è stata avvertita alle 07.52 ora italiana sempre nella zona di Kyzyl in Russia.

L'evento, di magnitudo 5.0 Richter, è stato localizzato alle seguenti coordinate 51.79°N - 96.24°E ad una profondita di 2 km!!!! Quasi in superficie.

Link evento: www.emsc-csem.org

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Scossa di terremoto in Russia, al confine con la Mongolia. Ore 07.17 del 26/02/2012.

www.ingv.it
Si è da poco verificata una forte scossa sismica in Russia, al confine con la Mongolia. Il sisma è stato registrato ad est della città di Kyzyl.

L'evento, di magnitudo 6.8° Richter, è stato localizzato alle seguenti coordinate 51.78°N - 96.05°E, ad una profondità di 10km, nel distretto sismico Southwestern Siberia - Russia.

Link evento: www.ingv.it 
                    www.emsc-csem.org

Link correlato: www.ansa.it

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Terremoto di magnitudo 4,2 vicino a Ustica. Alle 21.34 del 25/02/2012.

www.ingv.it
Alle 21:34, di ieri sera, 25/02/2012, una scossa di terremoto di magnitudo 4.2 Richter è stata registrata dalla Rete Sismica Nazionale dell'INGV nel distretto sismico del Tirreno meridionale B, vicino ad Ustica.

Il sisma si è verificato ad una profondità di 43.4 km alle seguenti coordinate 38.647° N - 13.418° E.

Link evento: www.ingv.it

Link ultimi terremoti: www.ingv.it

sabato 25 febbraio 2012

Grandi massi all’interno della Death Valley; come ci sono arrivati?

Credit: Nathan Alexander, Wikipedia
Una grande roccia su una piana desertica rappresenta sicuramente una visione insolita. E’quanto accade all’interno della Death Valley (La valle della Morte), in California, negli Stati uniti. Si tratta del fondo ormai secco di un antico lago denominato “Racetrack Playa“. La planarità e la struttura di grandi dimensioni di quest’area sono affascinanti, ma scientificamente parlando non sconcertanti. Essa è causata dal fango che scorre, dall’essiccazione e dalle screpolature dopo una forte pioggia. Solo recentemente, tuttavia, si è formulata una valida ipotesi scientifica in merito alla presenza di queste rocce di circa 300 Kg finite al centro di questa grande superficie piana. Purtroppo, come spesso accade nella scienza, un problema apparentemente surreale finisce per avere una soluzione relativamente banale. Si è scoperto infatti che i forti venti, dopo le piogge, possono spingere anche le rocce più pesanti, portandole nel bel mezzo di questa superficie piana desertica.

Di Renato Sansone

Link articolo: www.meteoweb.eu

Formazione UFO sui cieli di Brescia; il video dell’avvistamento.

www.meteoweb.eu
L’8 Febbraio 2012 è stata avvistata una formazione UFO nel cielo sopra Calcinatello, una frazione del comune di Calcinato di circa 13 mila abitanti, in provincia di Brescia. Siamo più o meno sopra l’aeroporto militare di Ghedi, distante circa 3 o 4 Km in direzione Sud-Ovest. 

Il video è stato realizzato alle ore 20:00 con una videocamera Sony. Di questi avvistamenti ne avvengono tanti, alcuni facilmente descrivibili, altri abbastanza misteriosi. Molto spesso le segnalazioni giungono da persone autorevoli, come ufficiali piloti o direttamente dai radar dalle torri di controllo di volo. Ecco intanto il video che mostra 5 puntini luminosi in formazione.

Di Renato Sansone.


Link articolo: www.meteoweb.eu

Un'altra Terra. Scoperta dal telescopio Hubble GJ1214b.

Rappresentazione artistica
fonte Nasa
Nel 2009 era stato scoperto GJ1214b, l'esopianeta ribatezzato "Waterworld" per la probabile presenza massiccia di H2O. Oggi, la Nasa, grazie al telescopio Hubble, conferma: il pianeta è quasi interamente ricoperto d'acqua.

GJ1214b è ufficialmente il primo pianeta di una classe del tutto nuova: quella dei pianeti quasi completamente ricoperti d'acqua. 

A darne la notizia è stato Zachory Berta, dell'Harvad Smithsonian Center for Astrophysics che ha analizzato i dati raccolti dal telescopio Hubble, i quali hanno dato conferma delle ipotesi già avanzate dagli scienzati sin dalla scoperta del pianeta.

GJ 1214b, che ruota con un'orbita strettissima (il periodo di rivoluzione dura appena 38 ore!) attorno alla nana rossa GJ 1214 nella costellazione di Ofiuco, a circa 40 anni luce dalla Terra, non è avvolto da una nebbia di idrogeno ed elio, ma da una spessa coltre di vapore acqueo. 

A causa delle alte temperature (circa 230 gradi Celisus secondo le stime) e della pressione elevata presente sul pianeta (20mila volte quella della Terra a livello del mare), l'acqua di GJ 1214b, soprannominato anche "Super Terra" per via della sua massa imponente (sette volte quella del nostro pianeta) non è paragonabile a quella che conosciamo sulla Terra: secondo gli scienzati infatti, queste particolari caratteristiche potrebbero generare acqua superfluida o ghiaccio bollente.

Servizio video di Stefano Parisini su Inaf Tv


Link correlati:  Media Inaf
                          Inaf TV
 

Vortice sottomarino fotografato dal satellite della Nasa.

Fonte Nasa
Il 26 dicembre 2011 al largo delle coste del Sud Africa è stata immortalata dal satellite della Nasa, Terra, una "gigantesca tempesta sottomarina". La notizia è stata pubblicata dal giornale britannico Daily Mail.

Il vortice presentava un diametro di ben 93 miglia e ruotava in senso antiorario. Il fenomeno, ribatezzato con il nome di "Eddy", sarebbe generato da ostacoli generali che deviano il flusso della corrente "Agulhas", che scorre lungo le coste sud orientali dell'Africa e attorno all'estremità dello stesso continente.


Questa corrente, considerata tra le più vaste ed intense sul Pianeta, trasporta acqua calda e salata dall'Oceano Indiano verso l'Atlantico meridionale, ed è spesso caratterizzata da turbolenze e vortici, tra cui quelli mastodontici come questo. 

Link articolo: Daily Mail
                     www.3bmeteo.com

Scienziati sotto shock, diminuisce l'altezza delle nuvole.

www.ecplanet.com
Secondo un nuovo studio finanziato dalla Nasa l'altezza delle nuvole sarebbe in diminuzione di circa l'1 per cento in media durante il primo decennio di questo secolo, questa è la conclusione a cui è arrivata l'ente spaziale statunitense sulla base dei dati satellitari della MISR, secondo gli scienziati questi risultati avranno implicazioni potenziali per il futuro del clima globale.

Il ricercatore Roger Davies ha detto che mentre il record è troppo breve per essere definitivo, fornisce un indizio che qualcosa di molto importante potrebbe essere in corso. Sarà necessaria una sorveglianza a lungo termine per determinare il significato della osservazione per le temperature globali. 

Una consistente riduzione dell'altezza delle nubi permetterebbe alla Terra di raffreddare lo spazio in modo più efficiente, riducendo la temperatura della superficie del pianeta e potenzialmente rallentare gli effetti del riscaldamento.

"Non sappiamo esattamente che cosa causa la diminuzione dell'altezza delle nuvole", dice Davies. "Ma deve essere dovuto ad un cambiamento nei modelli di circolazione che danno luogo a formazione di nubi ad alta quota".

Gli scienziati continueranno a monitorare i dati MISR attentamente per vedere se questa tendenza continuerà.

Siamo sicuri che questo fenomeno non sia da attribuire ad un intervento dell'uomo?

È in atto, su scala globale, un attacco al Pianeta Terra, una manipolazione climatica che potrebbe alterare degli equilibri in modo irreversibile, la pazzia dell'uomo sta distruggendo il pianeta e la natura che si riprenderà con gli interessi tutto quello che gli è stato profanato.

Link articolo: www.ecplanet.com

Fonte: terrarealtime.blogspot.com

Pianeti nomadi, la Via Lattea ne è piena.

Rappresentazione artisticadi un pianeta
nomade delle dimensioni di Giove.
Crediti: Wikimedia

PUR SENZA STELLA POTREBBERO OSPITARE LA VITA
 
Uno studio non ancora pubblicato, realizzato al KIPAC usando la tecnica del microlensing, stima che i pianeti orfani della stella madre possano essere, nella Via Lattea, fino a 100mila per ogni stella di sequenza principale. Fra gli autori, l’italiano Matteo Barnabè, che abbiamo intervistato.
 
Di Marco Malaspina.
 
Le stelle vi sembrano tante? Allora tenetevi stretti: i pianeti potrebbero essere centomila volte di più. Lo afferma uno studio del KIPAC, il Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology – un laboratorio indipendente della Stanford University, ospitato presso lo SLAC National Accelerator Laboratory. Una stima, si badi bene, che non implica improbabili sistemi solari con migliaia e migliaia di mondi in orbita l’uno attorno all’altro, un incubo gravitazionale che solo a immaginarlo darebbe le vertigini. Al contrario, i protagonisti di quest’esplosione demografica non orbitano: piuttosto, vagabondano. Sarebbero infatti pianeti orfani della stella madre, milioni di miliardi di mondi – alcuni più piccoli di Plutone, altri più grandi di Giove – che errano in solitudine nello spazio interstellare.

A rendere ancor più suggestiva l’ipotesi della ricerca, sottoposta per la pubblicazione a Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, la possibilità che alcuni di questi mondi, pur senza una stella che li riscaldi, possano comunque ospitare la vita. «Se ce ne sono di grandi al punto da essere circondati da un’atmosfera abbastanza spessa, potrebbero aver intrappolato calore a sufficienza per consentire l’esistenza di forme di vita batterica», spiega infatti Louis Strigari, primo autore dello studio. Calore generato internamente, per esempio attraverso il decadimento radioattivo e l’attività tettonica.

Matteo Barnabè
Ma come si è potuti giungere a una stima così elevata, quando fino a oggi gli scienziati ritenevano che di pianeti nomadi potessero essercene, in media, due soltanto per ogni stella di sequenza principale? Lo abbiamo chiesto al secondo autore dello studio, Matteo Barnabè, astronomo italiano attualmente in forze alla Stanford University.

«La nostra stima del numero dei pianeti nomadi presenti nella nostra galassia è stata calcolata sulla base della recente scoperta, mediante una tecnica chiamata microlensing, di circa 10 di questi oggetti in una piccola regione nel bulge galattico, cioè nei pressi del centro della nostra galassia. Abbiamo tratto le conseguenze di questa scoperta per quanto riguarda la popolazione globale dei pianeti nomadi, mostrando che potrebbero esistere, per ogni normale stella di main sequence, fino a 700 nomadi con la massa della Terra e fino a 100.000 nomadi con la massa di Plutone».

Una cifra da capogiro, almeno per noi profani, pensando ai miliardi di stelle presenti nella Via Lattea. Qual è stata la vostra prima reazione, quando vi siete resi conto dell’enormità della vostra stima?

«Di fronte a questi numeri (che costituiscono un limite superiore) la nostra prima reazione è stata di sorpresa, seguita poi dall’entusiasmo quando abbiamo calcolato che questi numeri “astronomici” sono consistenti con quello che sappiamo sulla nostra galassia, e quindi questi valori sono plausibili. Anche per noi l’idea che ci siano così tanti pianeti che vagabondano negli spazi interstellari – infatti, in inglese, spesso vengono chiamati anche rogue planets, cioè “pianeti vagabondi” – è molto affascinante, e infatti abbiamo dedicato gran parte dell’articolo a spiegare come possiamo individuarli (mediante il microlensing, appunto) e determinare in modo molto più preciso quanti ce ne sono utilizzando strumenti astronomici che saranno disponibili nei prossimi anni, come per esempio  GAIA, LSST e WFIRST».

Lasciando ora da parte i pianeti, ma rimanendo pur sempre sul nomadismo, questa volta intellettuale: lei come ci è arrivato, a Stanford?

«Il mio viaggio dall’Italia agli Stati Uniti è iniziato a Bologna. Mi sono laureato in astronomia nel 2004 con il professor Luca Ciotti, poi ho lasciato l’Italia per conseguire il dottorato a Groningen, in Olanda. Dopo il dottorato, nel 2009, ho proseguito il mio lavoro di ricerca come postdoc negli Stati Uniti, in California. Ho lavorato un paio mesi a Santa Barbara, e ora mi sono spostato qui a Stanford, dove ho una fellowship di 3 anni».

Stanford è per noi l’università dove Steve Jobs ha tenuto, nel 2005, il suo discorso leggendario, “stay hungry, stay foolish”. Com’è viverci, lavorarci?

«Fare ricerca a Stanford e vivere qui a Palo Alto, nel cuore della Silicon Valley, è molto stimolante sia dal punto di vista scientifico e accademico, sia per l’ambiente circostante vivace ed estremamente dinamico. In quest’area, tra Palo Alto e Mountain View, l’interesse e l’entusiasmo per la scienza e la tecnologia sono generalizzati, e spesso anche le occasioni più inaspettate possono diventare terreno fertile per nuove idee».

Link articolo: www.inaf.it

giovedì 23 febbraio 2012

Misteriosa creatura vista nei dintorni di Mortegliano (Udine).

Ricostruzione della
misteriosa creatura
E' successo sabato 11 febbraio 2011, nelle vicinanze della cittadina di Mortegliano in provincia di Udine. Sono da poco passate le 23 quando un operaio chimico, Leonard D'Andrea, 24 anni, di Codroipo sta rientrando a casa da Palmanova sulla strada statale "Napoleonica". 

Quando arriva all'altezza della nuova rotonda di Mortegliano ci sono alcune auto incolonnate, si ferma anche lui, scende dall'auto e vede qualcosa che nessuno si aspetterebbe.

Ecco la sua testimonianza: " Davanti a me c’era una strana creatura che camminava lungo la strada. Era alta, molto alta, forse 4 metri. Ho preso la torcia e l’ho illuminata e ho notato, essendo di schiena, che nella parte posteriore delle gambe c’era come un groviglio di tendini. La testa aveva una forma tondeggiante che terminava quasi a cono. Ho provato a telefonare e a scattare foto, ma il cellulare era inservibile. Questa “creatura” camminava lungo la strada incurante delle auto. Quella che mi precedeva aveva una famiglia a bordo e la madre cercava di tenere nascosta la testa dei due figli per non spaventarli. All’improvviso, quando è sopraggiunta un’auto dalla direzione di Codroipo e ha cominciato a lampeggiare e a suonare il clacson, la “creatura” si è dileguata nel buio. Spero che gli altri testimoni si facciano vivi ".

Di seguito il video dell'intervista a Leonard D'Andrea, assieme al Prof. Antonio Chiumiento, ospiti della trasmissione a cura di Gigi Di Meo, andata in onda su Telepordenone.


La verità? E' una domanda che si son posti in tanti. Soprattutto gli scettici. Si, proprio quelli scettici che in questi giorni ne han sparate di tutti i colori. Che invece di chiedersi che cos'è questa creatura e da dove viene, si sono posti il problema se il testimone è attendibile o se cerca qualche minuto di celebrità sui media! Una cosa assurda, e non mi riferisco ovviamente alla testimonianza.

Ricordo a questo proposito una citazione di Schopenhauer, secondo cui tutte le verità passano attraverso tre stadi. Primo: vengono ridicolizzate; secondo: vengono violentemente contestate; terzo: vengono accettate dandole come evidenti.

Quello che, invece, vorrei sottolineare è il coraggio con cui Leonard D'Andrea ha raccontato quanto gli è successo. Ce ne fossero di persone come lui a questo mondo! Questi son fatti che succedono da millenni e non è, e non sarà, ne il primo ne l'ultimo. 

Un grazie al Prof. Chiumiento che ha raccolto la testimonianza e sta indagando sulla vicenda e soprattutto a Leonard per aver raccontato quanto gli è successo ed infine un appello ai testimoni dell'evento a farsi avanti!

Link correlati: Messaggero Veneto 13.02.2012
                      Il Gazzettino 13.02.2012
                      Messaggero Veneto 14.02.2012
                      Youtube - ArchivioChiumiento
                      I Fatti Vostri - Rai Due 23.02.2012
                      Messaggero Veneto 24.02.2012
                      Studio Aperto 26.02.2012

domenica 19 febbraio 2012

Scosse di terremoto del 19/02/2012

www.ingv.it
Alle 06:10 una scossa di terremoto di magnitudo 2.2 Richter è stata registrata dalla Rete Sismica Nazionale dell'INGV nel distretto sismico del Reatino.

Il sisma si è verificato ad una profondità di 9.0 km alle seguenti coordinate 42.479° N - 12.848° E.

Link evento: www.ingv.it






www.ingv.it
Alle 13:34 una scossa di terremoto di magnitudo 2.5 Richter è stata registrata dalla Rete Sismica Nazionale dell'INGV nel distretto sismico dei Monti Nebrodi.

Il sisma si è verificato ad una profondità di 34.2 km alle seguenti coordinate 37.848° N - 14.515° E.

Link evento: www.ingv.it






www.ingv.it
Alle 15:11 una scossa di terremoto di magnitudo 2.3 Richter è stata registrata dalla Rete Sismica Nazionale dell'INGV nel distretto sismico dei Valle del Trebbia.

Il sisma si è verificato ad una profondità di 6.5 km alle seguenti coordinate 44.553° N - 9.369° E.

Link evento: www.ingv.it

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Tornado avvistato dalla NASA sulla superficie del Sole. Il video del fenomeno.

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Il Solar Dynamics Observatory della NASA, che registra costantemente video in alta definizione del Sole, ha catturato delle incredibili immagini di un tornado sulla superficie solare. Il video del tornado mostra vorticose fontane di plasma che strisciano sulla superficie della nostra stella durante un periodo di 30 ore tra il 7 e l’8 Febbraio. Ma a differenza dei tornado terrestri che sono basati esclusivamente su fenomeni legati al vento, le trombe d’aria di plasma avvistate sul Sole sono modellate dal potente campo magnetico della nostra stella. Nel video il materiale di plasma che presenta temperature inferiori appare più scuro sullo sfondo luminoso.  La sonda SDO ha registrato il video nella gamma ultravioletta estrema dello spettro della luce, dando al film una tonalità giallo inquietante. La NASA ha rilasciato il nuovo video per celebrare il secondo anniversario della missione della sonda, lanciata l’11 febbraio 2010. Costata 850 milioni di dollari, la navicella sta affrontando una missione quinquiennale al fine di registrare video ad alta definizione, e per aiutare gli astronomi a comprendere come i cambiamenti del ciclo solare possano influire sulla vita della Terra. Come più volte ribadito il Sole si trova nel suo ciclo 24 e raggiungerà il picco della sua massima attività nel 2013.

di Renato Sansone


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Mentre l’Europa gela, Groenlandia e Islanda fanno i conti con un clima quasi estivo e un disgelo anticipato.

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Mentre l’Europa rimane a fare i conti con il gelo e le nevicate non si può dire altrettanto per la Groenlandia e l’Islanda, che da settimane continuano a sperimentare anomalie termiche positive davvero considerevoli. Difatti, i possenti “blocking” che si sono creati sul nord Atlantico nei giorni scorsi, hanno fatto risalire masse d’aria, fino alle latitudini artiche, correnti d’aria molto miti e umide, d’estrazione sub-tropicale oceanica. Sono state queste poderose avvezioni calde, che hanno investito in pieno il Plateau ghiacciato della Groenlandia e l’Islanda, con intensi venti sud-occidentali, a irrobustire il promontorio anticiclonico azzorriano che durante le scorse settimane si è esteso verso la Scandinavia, legandosi con le propaggini più occidentali dell’anticiclone termico russo-siberiano che ha fatto piombare l’Europa in una cruda fase invernale che non si riscontrava da diversi anni (in una forma cosi diffusa e duratura). Cosi, con lo spostamento verso levante del baricentro dell’alta pressione delle Azzorre, l’Atlantico settentrionale, nei giorni scorsi, è stato solcato da impetuose correnti meridionali che hanno trasportato masse d’aria piuttosto miti dalle latitudini sub-tropicali fino alle regioni artiche, innescando grandi anomalie termiche positive su un‘area piuttosto vasta che vanno a contrapporsi con le importanti anomalie termiche negative registrate in queste ultime settimane su buona parte d‘Europa. In Islanda le tiepide correnti meridionali, provenienti dalle latitudini sub-tropicali atlantiche, stanno regalando un clima simil primaverile, con temperature quasi sempre sopra gli zero gradi.

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Addirittura, nel settore settentrionali dell’isola vulcanica, nei giorni scorsi si sarebbero superati diffusamente anche i +11° +12°. Tali valori sono stati indotti anche dall’effetto favonio determinato dagli intensi venti meridionali che sono costretti a scendere dall’altopiano montuoso interno, riscaldandosi ulteriormente (per compressione adiabatica) già prima di raggiungere le zone costiere del nord. Stiamo parlando di cifre quasi estive per queste latitudini. Le temperature elevate, con picchi over +10° +12°, di questi giorni stanno fondendo buona parte del manto nevoso accumulato, creando disgeli anticipati che stanno ingrossando molti corsi d’acqua. Ormai in molte aree dell’Islanda la neve alle basse quote è quasi del tutto sparita, con il terreno denudato. Ma basta dare un’occhiata alle temperature massime registrate mercoledi 15 Febbraio in tutto il territorio islandese per capire la portata di questa avvezione d’aria calda che sta investendo l’isola; Dalatangi +12.6°, Skjaldthingsstadir +11.8°, Akureyri +11°, Akurnes +10.5°, Bergstadir +8.5°, Bolungavik +8.0°, Stykkisholmur +7.6°. Nella capitale Reykjavik la temperatura massima si è attestata a soli +7.2°. Si tratta di valori ampiamente superiori rispetto alle tradizionali medie stagionali, possiamo definirli quasi estivi.

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In molte di queste località elencate il manto nevoso al suolo è ormai assente da inizio mese. Anche la Groenlandia non è stata risparmiata da questa intensa rimonta calda che è penetrata fin dentro l’altopiano interno ghiacciato. Tra i valori più scandalosi per la stagione invernale qui spiccano gli incredibili +15.1° toccati da Narsarsuaq e i +9.2° stabiliti dalla stazione di Godthaab / Nuuk nella giornata di lunedi 13 Febbraio. Anche qui ci troviamo dinnanzi a temperature molto elevate per il periodo. L’aria mite, come detto, è riuscita a penetrare anche sopra il Plateau ghiacciato groenlandese, ad oltre 2000-3000 metri di altezza, con intensi venti meridionali, in genere da SO o da S-SE, che hanno generato il repentino aumento termico, con cifre veramente eclatanti. Su tutti i -0.9° di massima raggiunti, lo scorso lunedì 13 Febbraio, dalla stazione di Dye2, posta sul Plateau groenlandese, ad una altezza di oltre i 2000 metri. Temperature di quasi +0° a 2000 metri di altezza, nei pressi del Circolo Polare Artico, in piena stagione invernale, sono quasi impensabili.

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Bisogna anche sottolineare che nelle giornate di lunedi 13 e martedi 14 tutto l’altopiano della Groenlandia è stato spazzato da intensi venti meridionali che hanno contribuito a scalzare l’aria gelida che vi stazionava, rompendo lo strato di inversione termica preesistente che assicurava termiche largamente negative. La stazione di Dye2, per esempio, lunedi 13 Febbraio ha registrato un intenso vento da SO che ha soffiato con una intensità media sostenuta di 47.9 km/h nell’arco delle 24 ore. Questo elemento ha inciso non poco nel favorire una massima di ben -0.9° ad oltre 2000 metri di quota, sopra il Plateau. In Groenlandia le anomalie termiche positive stanno lentamente rientrando solo in questi ultimi giorni. Le temperature stanno gradualmente scivolando largamente sotto la soglia degli 0° su tutta la Groenlandia per una discesa di aria gelida che dall’altopiano interno si verserà sopra l’Atlantico settentrionale e il mar di Norvegia, per gettarsi sulle isole Britanniche, Norvegia e paesi della MittelEuropa entro la giornata di lunedi.

di Daniele Ingemi

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sabato 18 febbraio 2012

Immensa nuvola di polvere sahariana invade l’Atlantico tropicale; le immagini del satellite NASA.

La spettacolare nuvola di polvere
sahariana sopra Capo Verde e
l'Atlantico tropicale (fonte NASA)
Il poderoso ponte anticiclonico che si è venuto a costruire sopra l’Europa centro-settentrionale, fra l’alta pressione delle Azzorre e le propaggini più occidentali dell’anticiclone termico russo, oltre a far piombare nel gelo l’intero vecchio continente, ha determinato un netto rinvigorimento dei secchi e polverosi venti di “Harmattan” (che non sarebbe altro che il corrispondente dell’Aliseo di NE sopra il deserto del Sahara) su tutta la regione del Sahara occidentale e lungo l’Africa sub-sahariana. La notevole differenza di pressione che si è venuta a determinare tra l’area sahariana, sede del robusto anticiclone sub-tropicale del Sahara (che in questo periodo arretra poco a nord del golfo di Guinea), e l’Africa centrale, dove permangono le basse pressioni di origine termica che danno luogo all‘intensa attività convettiva che caratterizza tutta la fascia equatoriale, hanno generato un ulteriore intensificazione dei venti di “Harmattan”, che per giorni e giorni hanno spazzato i deserti del Ciad, del Niger, del Mali e della Mauritania, con intensi venti da E-NE e NE, che hanno raggiunto i 50-60 km/h.

Passando sopra le zone desertiche i sostenuti venti di “Harmattan” hanno sollevato per aria ingenti quantità di polvere e pulviscolo desertico, producendo delle vere e proprie nuvole di polvere che si sono mosse in direzione delle coste dell’Africa occidentale. In molte località dell’Africa occidentale, specie fra Niger, Mali, Burkina Faso, Mauritania, Senegal e nella regione separatista del Sahara occidentale, le tempeste di polvere, prodotte dagli intensi venti nord-orientali provenienti da cuore del Sahara, hanno determinato drastiche riduzioni della visibilità orizzontale, creando non pochi disagi, soprattutto per il traffico aereo, con molti aeroporti chiusi e decine di voli cancellati per la pessima visibilità.

(Fonte Nasa)
Le nuvole di polvere, sotto la spinta degli intensi venti da E-NE, si sono poi propagate verso l’Atlantico tropicale, raggiungendo persino l’arcipelago di Capo Verde, dove l’enorme quantità di polvere in sospensione ha oscurato il cielo per diversi giorni, dandogli un aspetto giallastro e fosco. La polvere ha anche causato una riduzione della visibilità orizzontale in tutte le isole di Capo Verde, regalando dei paesaggi a dir poco surreali ai tanti turisti presenti nell’arcipelago africano che si aspettavano di vedere delle belle giornate di sole. Il fenomeno è stato ripreso pure dai satelliti della NASA che hanno immortalato l’enorme nuvola di polvere che dal Sahara occidentale si è allontanata verso l’Atlantico tropicale, coprendo i cieli di Capo Verde.

Le immagini fornite dall’Agenzia Spaziale statunitense sono davvero spettacolari. A Praia i venti da NE hanno soffiato con una intensità media sostenuta di oltre i 40-45 km/h. Analoghe velocità si sono raggiunte nelle altre isole dell’arcipelago, perennemente investite dal soffio del costante Aliseo di NE che esce di gran carriera dalle coste dell’Africa occidentale. La grande nuvola di sabbia poi si è spinta in mezzo all’Atlantico tropicale, offuscando i cieli per centinaia di miglia, fino a raggiungere il tratto di oceano a largo di Trinidad e Tobago, la Guyana e il Suriname. A volte, nelle situazioni più congeniali, in mancanza di una solida corrente a getto alle alte quote, la polvere sahariana può raggiungere l’area caraibica e persino il bacino dell’Amazzonia. Lo dimostrano anche recenti studi che evidenziano la presenza di tracce di polvere sahariana nel sottosuolo della grande foresta amazzonica, uno dei più grandi polmoni verde del nostro pianeta.

di Daniele Ingemi - www.meteoweb.eu

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Scossa di terremoto nel Mar di Sicilia - 18/02/2012 ore 15.42

Fonte: www.ingv.it
Alle 15:42 una scossa di terremoto di magnitudo 3.3 Richter è stata registrata dalla Rete Sismica Nazionale dell'INGV nel distretto sismico del Mar di Sicilia. Il sisma si è verificato ad una profondità di 84.7 km alle seguenti coordinate 36.217° N - 12.583° E.

Link evento: www.ingv.it

Link lista ultimi terremoti: www.ingv.it

Un vortice luminoso a nord del mare di Bering.

Credit: US Defense Meteorological
Program satellite
Nelle notti tra il 14 ed il 15 Febbraio si sono avute delle sorprese con poco preavviso, dell’attività geomagnetica intorno al circolo Polare Artico, dove si sono verificate delle aurore boreali più forti di quanto si potesse immaginare, definite da alcuni come le migliori degli ultimi mesi. Al culmine dell’evento, il satellite US Defense Meteorological Program ha fotografato un vero e proprio vortice delle luci settentrionali a nord del mare di Bering

Come detto, il motivo di tale evento non è ancora completamente chiaro in quanto non è stato associato ad espulsioni di massa coronale. Tutto è cominciato il 14 Febbraio, quando la perturbazione magnetica si è increspata intorno al Circolo polare Artico. Una volta iniziato, il disturbo è stato amplificato dalle azioni del campo magnetico interplanetario (IMF) vicino alla Terra. Il vento solare al momento appare in diminuzione.

Di Renato Sansone 

Link articolo: www.meteoweb.eu

domenica 12 febbraio 2012

Una misteriosa struttura metallica nel bacino sotterraneo del lago subglaciale Vostok

Fonte: www.ecplanet.com
Gli scienziati lo stanno studiando ormai da diversi anni, tuttavia le sorprese non mancano. Si tratta dei misteri celati dal lago Vostok, un bacino sotterraneo del continente antartico scoperto negli anni Settanta, vecchio di almeno 20 milioni di anni ed esteso più o meno come il lago canadese Ontario: 250 km di lunghezza per circa 50 di larghezza, profondo oltre mille metri e ricoperto da strati di ghiaccio fra i quali i più recenti risalirebbero ad almeno 12mila anni fa, ovvero più di 3.000 metri di spessore glaciale, dove dopo oltre trent'anni di lavoro, le trivelle russe hanno finalmente terminato l'impiego. Ed è solo uno dei 70 laghi sotterranei presenti nel bacino antartico. 

Un territorio già di per se caratterizzato da un alone di mistero, al quale si aggiungono altrettanto misteriosi accadimenti nel corso degli ultimi anni, come la sparizione - senza lasciare traccia - della squadra di ricercatori che attualmente era assegnata allo studio del territorio in questione, riapparsa d'improvviso, dopo oltre una settimana di assoluto silenzio. 

Con il termine dei lavori di perforazione ed il raggiungimento della superficie del lago sotterraneo, iniziano ora gli studi scientifici. Gli esperti dicono che il lago potrebbe celare un tesoro biologico la cui scoperta equivarrebbe al raggiungimento della Luna.

Certamente - dicono gli scienziati - l'acqua del Vostok può essere considerata di una purezza senza pari al mondo, totalmente incontaminata rispetto all'ambiente terrestre, con le caratteristiche di un ecosistema e forme di vita risalenti ad almeno 20 milioni di anni indietro nel tempo. Si pensi che in alcune zone del lago, la temperatura dell'acqua misura circa 30°.

Come si spiega? Secondo gli scienziati, il lago è situato in una zona dove la crosta terrestre è più sottile, da qui l'acqua temperata. Di fatto, le acque del Vostok potrebbero celare forme di vita aliene rispetto all'ambiente odierno. In sostanza: un mondo sconosciuto, una sorta di "endopianeta" in cui il ciclo dell'acqua potrebbe essere completo, e con forme di vita complesse. Sicuramente con forme di vita batteriche.

Con tutto ciò, i ricercatori hanno espresso anche l'ipotesi che questo sistema, fermo a 20 milioni di anni fa, potrebbe non essere compatibile con il mondo di oggi. Un qualche elemento proveniente dall'esterno potrebbe anche pregiudicare l'equilibrio esistente e sterminare letteralmente le forme di vita contenute.

Per questo, le operazioni di analisi delle acque del Vostok dovranno essere effettuate con la massima cautela. A tale proposito è già stato messo a punto un sistema per cui l'acqua da analizzare verrà prelevata tramite un foro attraverso cui la pressione spingerà il liquido verso l'alto.

Uno studio particolare verrà poi dedicato alla singolarissima attività magnetica. Nella zona sud-occidentale del lago, i ricercatori hanno individuato la presenza di una fortissima anomalia magnetica, al momento inspiegabile, estesa per una superficie di 105km per 75. Alcuni rilevamenti hanno evidenziato la presenza di un elemento metallico di grandi dimensioni, di forma circolare o forse cilindrica alla base del lago.

Gli appassionati di ufologia si dicono convinti che questa presenza potrebbe rivelare un gigantesco disco volante rimasto intrappolato nei ghiacci. È comunque un fatto che tale elemento sia di natura solida, dal profilo regolare, e che sul luogo sono già intervenuti gli addetti della sicurezza nazionale americana (NSA) che ha secretato l'intera zona e vietato l'accesso a chiunque non sia espressamente autorizzato.




Link articolo:  www.ecplanet.com/node/3045 di Edoardo Capuano

E per pasto, asteroidi e pianeti. La "dieta" del nostro buco nero.

Fonte: Nasa
Non solo gas e polveri tra ciò che viene continuamente ingurgitato da Sagittarius A*, il gigantesco buco nero al centro della nostra Galassia. Secondo il lavoro condotto da un team di astrofiscici utilizzando i dati dell'osservatorio Chandra della NASA, in esso precipitano con grande frequenza asteroidi e, più raramente, persino pianeti.

di Marco Galliani - Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica)

Il gigantesco buco nero che si trova al centro della Via Lattea, così come i suoi simili sparsi nell’universo, è talmente vorace da divorare tutto quello che gli capita a tiro. Gas e polvere in gran quantità. E questo era noto già da tempo. Secondo le indagini condotte grazie all’osservatorio orbitante Chandra della NASA, nella sua ‘dieta’ abituale pare ci sia anche una buona dose di asteroidi. Questa ipotesi potrebbe spiegare le frequenti impennate registrate proprio da Chandra nel flusso di raggi X provenienti da Sagittarius A*, la sorgente di radiazione di alta energia nel cuore della nostra Galassia dove si anniderebbe un buco nero supermassiccio.

Questi ‘flare’ – come vengono chiamati dagli addetti ai lavori - sono molto frequenti: avvengono infatti all’incirca una volta al giorno, con aumenti del flusso di raggi X che per qualche ora possono raggiungere anche le 100 volte quello che è il livello normale della radiazione normalmente emessa dalla sorgente. Fenomeni analoghi sono stati osservati nell’infrarosso anche dal Very Large Telescope dell’ESO in Cile.

“Ci sono stati finora molti dubbi sulla presenza di asteroidi in un ambiente così ostile quale è quello che circonda un buco nero supermassiccio”, ha detto Kastytis Zubovas dell’Università di Leicester nel Regno Unito, primo autore del lavoro in corso di pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. “La cosa eccitante è che il nostro studio suggerisce la presenza di un gran numero di questi corpi celesti per riuscire a produrre questi flare”.

Così tanti che per il team di ricercatori intorno a Sagittarius A *c’è addirittura una vera e propria nuvola, composta di migliaia di miliardi tra asteroidi e comete, strappati via dalle loro stelle madri. E quelli che vengono a transitare a meno di 150 milioni di chilometri dal buco nero, più o meno quella che è la distanza tra la Terra e il Sole, verrebbero sbriciolati dalle forze di marea esercitate dal suo intenso campo di attrazione gravitazionale . Questi frammenti verrebbero poi vaporizzati dall’attrito con il tenue flusso di gas ad altissima temperatura che fluisce costantemente verso il buco nero, proprio come accade a una meteora nella sua cosra attraverso l’atmosfera terrestre. In questa fase viene prodotto un flare e quello che rimane dell’asteroide viene poi inghiottito dal buco nero.

Nel loro lavoro gli scienziati hanno anche stimato la dimensione minima dei ‘bocconi’ di materiale in grado di produrre gli effetti registrati da Chandra: circa 10 chilometri di raggio. Certo Sagittarius A* divora continuamente anche pezzi più piccoli, ma gli effetti sarebbero troppo deboli per poter essere osservati. ”Abbiamo stimato che poche migliaia di miliardi di asteroidi sono stati finora ingurgitati dal buco nero nei 10 miliardi di anni di vita della galassia” sottolinea Sera Markoff dell’Università di Amsterdam, coautore dell’articolo. “Solo una piccola frazione del totale sarebbe stato quindi consumato, e riteniamo che difficilmente questo serbatoio si sia esaurito”.

Tutto questo riguarda gli asteroidi. Ma la stesa fine potrebbe toccare anche a corpi di dimensioni maggiori, come ad esempio pianeti di tipo roccioso. Certo, questi eventi sarebbero molto meno frequenti, perché in proporzione agli asteroidi il numero di pianeti è molto più basso. Uno potrebbe però essere stato responsabile di un violentissimo flare nei raggi X che circa un secolo fa ha fatto schizzare in alto la luminosità di Sagittarius A * di circa un milione di volte. Come è stato possibile risalire a questo evento se è accaduto molti decenni prima dell’entrata in funzione dei telescopi nei raggi X? Chandra e altri osservatori orbitanti hanno visto la traccia di un “eco di luce” nei raggi X che si riflette nelle nubi di gas e polveri nelle vicinanze del buco nero e che ha permesso di ottenere la misura della luminosità e la tempistica del flare.